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Chiesa
del Collegio
È
una delle più belle chiese di Sciacca per la grandezza, per
l'eleganza e per la magnificenza dell'architettura (P. Bernardino
Cusmano, Ricordi Cronistorici di Sciacca e della Sicilia). Sorge
nell'area dov'era il palazzo di G. B. Perollo, che fu demolito
per dar luogo alla costruzione. È dedicata a S. Giovanni Battista
in omaggio al fondatore, G. B. Perollo, il quale per la
erezione della chiesa e del Collegio dei Gesuiti donò quindici
mila scudi. La
costruzione fu terminata nel 1626 ma i lavori di rifinitura
all'interno si protrassero fin verso la metà del '700. Fu aperta
al culto dai Gesuiti nel 1615, mentre era ancora incompleta.
Fu consacrata il 16 ottobre 1825 dal Vescovo di Siracusa, Mons.
Giuseppe Amorelli percome leggesi su lastra di marmo affissa
al muro sul primo entrare in Chiesa.
La Facciata
La
facciata, incompleta, (manca la voluta sul lato destro e la
cornice del timpano triangolare) a sviluppo verticale, dallo
schema che riecheggia forme fondamentalmente manieristiche,
è divisa in due ordini. Pilastri binati (paraste) la dividono
in tre campate nell'ordine inferiore, in due nel superiore.
La campata centrale, in basso, è animata da un elegante portale
barocco, costituito da corinzie e scanalate, impostate su alti
zoccoli e sormontate da timpano ad arco spezzato. Di sagoma
barocca sono anche le due nicchie (ai lati del portale) a forma
di finestre a edicola.
L'Interno
A
pianta basilicale con una sola grande navata di tipo vignolesco,
(m. 62 x m. 24) fiancheggiata da cappelle affondate, tra loro
comunicanti con nove altari, tra loro coinunlcanti, e collegata
col presbiterio in modo da formare un continuum strutturale,
e con la cupola sull'intersezione del transetto con la navata,
come sono in genere gli interni di età barocca, e si ispira,
come da più di un esperto è stato rilevato, alla Chiesa
di Roma, chiesa madre dei Gesuiti e prototipo di chiesa barocca
dell'età della Controriforma. Componenti interessanti della
suggestiva atmosfera chiesastica sono L'organo che reputavasi
un tempo fra i migliori dell'isola (Strafforello), sei tribune
con le grate dorate dalle quali i religiosi una volta assistevano
alle sacre funzioni, la fastosa decorazione di pretto stile
rococò e i bassorilievi in stucco eseguiti da maestranze
locali nel 1765. Non mancano opere d'arte pregevoli.
Sull'altare maggiore è una grande tela, raffigurante S. Giovanni
Battista, attribuita al Domenichino, e, ai lati del presbiterio,
due teli raffiguranti, a sinistra Decollazione di S.
Giovanni e a destra S. Giovanni che battezza Gesù,
eseguite nel 1850 dal Sac. Giovanni Patricolo, palermitano,
allievo di Giuseppe Velasco e Giuseppe Patania. Degni di nota
anche quattro busti-reliquiari in legno dorato del Seicento,
simili a quelli esistenti nella Chiesa dei Cappuccini, raffiguranti
i Santi Cosma e Damiano. Altre opere d'arte sono nelle cappelle.
Lato destro della navata: nella prima cappella, I Re Magi,
tela di Giovanni Portaluni da
Licata,
datata e firmata (J. Portaluni pingebata 1630. In questo
dipinto quello dei tre Re Magi che guarda verso l'osservatore
è forse il ritratto del pittore. Gli altri due Re Magi guardano
rapiti il Bambino. Nella seconda cappella, Crocifisso ligneo
di età barocca cui fa da sfondo un coevo grande reliquiario
dorato.
Ai piedi della Croce, sulla destra, statua dell'Addolorata e
Angelo piangente. Lato sinistro: Nella prima cappella, immacolata,
ovvero Incoronazione di Maria, tela di Michele Blasco, firmata
e datata (Abbas D. Michael Blasco Saccensis anno 1655), e recentemente
restaurata a cura della Soprintendenza ai Beni
Culturali (1987). Nella
seconda e terza cappella le statue del Cuore di Gesù e
della Sacra Famiglia sono lavori realizzati negli anni
Venti. Nel braccio sinistro della crociera, nella cappella dedicata
al SS. Redentore, la statua proviene da Napoli (1840). Sotto
l'altare sono le reliquie di S.
Privato. Ai lati a sinistra, Trasfigurazione, a destra
Trionfo della Croce (o Trinità), dipinti su tela di Tommaso
Rossi. (Nel primo sono raffigurati Mosè con le tavole, Elia,
ai lati di Gesù visto dal di sotto in su mentre sale al cielo,
in basso gli apostoli Giacomo, Pietro e Giovanni; nel secondo,
in alto, la trinità, in basso figure simboliche dei continenti
Europa Africa Asia America, della fede diffusa nel mondo, e
vari altre figure, corona, corazza, bandiera, tamburo, tiara,
pastorale... simboleggianti rispettivamente il potere temporale
e il potere religioso). Nel braccio destro della crociera, sull'altare
statua lignea di S. Alfonso, che regge con la sinistra il Crocifisso
e con la destra lo indica.
(Il Santo è raffigurato con il capo reclinato, con il chiaro
intento da parte dell'ignoto artista di evidenziarne l'umiltà
e la devozione...). Ai lati dell'altare, S. Alfonso in estasi
dinanzi alla visione della Madonna e S. Alfonso che consegna
la regola alle suore e ai padri redentoristi, dipinti su
tela di Tommaso Rossi. Dei due dipinti il primo è copia di un
originale attribuito a Domenico Provenzani (1736-1794). Sotto
l'altare, dentro un'urna, sono le reliquie di S. Vittore Martire.
In questa cappella si trova inoltre il sarcofago marmoreo di
G. B. Perollo, fondatore della chiesa. Altre opere d'arte si
trovano in vari ambienti. In un locale di passaggio, che dalla
chiesa porta in sagrestia, è un ritratto di Giovanni Portaluni,
e un'epigrafe , che ricorda ai posteri che la chiesa fu fondata
a spese del munifico barone. Qui si trova pure una grande tela
raffigurante Gesù che regge la Croce (ovvero Il Redentore,
opera di Calogero Tresca Junior, firmata e datata ( D. Calogerus
Tresca et Daidone pinxit 1798 ). Altre due grandi tele si
trovano vis-a-vis nel corridoio che porta alla sagrestia. Di
esse una rappresenta la Sacra Famiglia, ed è copia dell'omonima
opera di Mariano Rossi, esistente nella chiesa di S. Francesco
di Paola, eseguita dal figlio Tommaso (dal nostro Rossi,
scrive padre Bernardino Cusmano, con evidente riferimento a
Tommaso, suo contemporaneo), l'altra, la Pietà, opera
datata 1790, ma non firmata.
Altre opere meritevoli dell'attenzione degli amatori d'arte
si trovano, infine, nella sagrestia. Vale la pena ricordarle.
Sono: Immacolata e Madonna di Trapani di Michele Blasco
(in quest'ultima la figura del devoto, in basso a destra, è,
secondo la tradizione locale, l'autoritratto dell'Artista),
Madonna della Mazza e Santa Rosalia, Sacra
Famiglia e S.Agnese, Madonna e S. Stanislao che tiene in braccio
Gesù Bambino di autori ignoti. Da segnalare, infine, La
morte di re Ciro, tela attribuita a Pietro Novelli, il Monrealese,
che attualmente si trova nel corridoio del piano superiore,
attuale dimora dei Padri Redentoristi. Per gli amatori degli
arredi di sagrestia c'è qui da ammirare un grande armadio barocco
e per gli intenditori un bellissimo chiavistello in ferro battuto
recante la data 1631 e il nome del fabbro, Barresi. Sempre
in sagrestia, una Addolorata in cera, chiusa in cornice
barocca a cassetta incassata nel muro. Un'altra immagine sacra
in cera dello stesso formato faceva pendant a questa ma non
si sa dove sia andata a finire. Numerosissime le reliquie: del
legno della S. Corona, del braccio di S. Martino, dello stinco
di S. Saturnino e di S. Benigno, della spalla di S. Faustino
e di S. Marcello, della gamba di S. Simplicio, delle ossa di
S. Vittorino, della coste di S. Corona, della gamba di S. Pantaleone
e di S. Massimo, della testa di S. Proto ecc. ecc.
In questa chiesa riposano le ossa non solo di molti P. Gesuiti
e Liguorini che lasciarono nome di sè e del fondatore G. B.
Perollo e dell'insigne benefattore Giuliano Boccone; ma altresì
quelle di altri insigni personaggi. Non rimane però traccia
dei tanti monumenti funebri che vi erano. Nel corridoio dietro
all'altare maggiore era un gran quadro raffigurante S. Antonio
col Bambino, firmato e datato Antonius Morriconis saccensis
1630, ma non si sa che fine abbia fatto. Altri dipinti, fra
cui diversi ritratti a olio dei Padri Gesuiti, che si trovano
conservati in locali del piano superiore, sono stati trasferiti
tempo fa, insieme con la biblioteca, nella Casa Madre di Palermo.
Tratto dal libro "Sciacca Terme - Guida Turistica di Salvatore
Cantone"
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