Chiese
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> Chiesa di S. Michele Arcangelo (sec. XVII)

È questa la terza chiesa dedicata a S. Michele Arcangelo.
La prima si trovava all'incirca nel sito dove è il cappellone della chiesa di S. Maria dell'Itria. La seconda, ancora oggi esistente ma di recente assai manomessa all'interno, si trova attigua da sud alla terza. Fondata dal conte Guglielmo Peralta nel 1371, terminati pochi anni dopo di rustico, fu rifinita in seguito da Artale Luna, genero ed erede, di Nicolò Peralta, figlio di Guglielmo. 

Questa chiesa doveva essere molto bella se il Fazello la definisce fanum insigne. Sin dal 1400 ospitava la Confraternita di S. Michele.
Oggi, assai manomessa, ospita ragazzi delle scuole elementari. La terza chiesa fu costruita per volontà di Natale Amodeo, ricco conciapelle e calzolaio, il quale, prima di morire, spinto da pietà religiosa verso l'Arcangelo S. Michele, dispose che tutto il suo patrimonio fosse destinato a tale opera. La costruzione, iniziata nel 1614, fu terminata nel 1620 e aperta al culto nel 1638
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La Facciata

Dallo schema architettonico lineare, ha chiare superfici intonacate a calce esaltate dalle paraste di pietra dorata a vista ed è completa, a differenza delle altre chiese di Sciacca del periodo barocco che in genere mancano di qualcosa. Il primo ordine è contrassegnato da tre portali. Sul timpano della porta principale, che guarda a ponente, è collocata una quattrocentesca statua di marmo bianco di S. Michele che era nella seconda chiesa dedicata al Santo. Sotto l'arco del portale, ornato di fini motivi barocchi, è la data di inaugurazione della chiesa, 1638.

L'Interno

Con pianta a croce latina, è diviso in tre navate da una serie di snelle colonne sulle quali poggiano gli archi a tutto sesto. Nonostante le più o meno recenti manomissioni (è stato, ad esempio, sostituito l'antico pavimento in ceramica con altro in fredde piastrelle di marmo di Carrara) questa chiesa, per la vastità dell'insieme, è una delle più belle di Sciacca. Sul lato interno della facciata è un'imponente tribuna cantoria del sec. XVIII, fastosamente intagliata con gusto barocco, e un organo costruito nel 1832 da Francesco La Grassa. Nella navata destra sono conservate alcune pregevoli opere di scultura e pittura, provenienti da antiche chiese non più esistenti.

Sono: sul lato interno della facciata una preziosa Croce lignea in stile gotico catalano, nella prima cappella, Dormitio virginis, bassorilievo marmoreo del XV secolo, diviso in due scomparti, in cui sono raffigurati, in quello inferiore il Transito della Vergine e in quello superiore l'Assunzione di Maria. Segue un S. Girolamo, dipinto su tavola del XV secolo proveniente dall'antica chiesa di S. Michele eretta dai Peralta ed ora non più esistente. Il dipinto porta la data e il nome del committente: Hoc opus fieri fecit Iacopu
Amodeo et Margaritella uxor 1454. Si ignora, invece, il nome dell'artista. Murato  vicino è un Angelo Raffaele e il bambino Tobia, bassorilievo marmoreo del secolo XV proveniente dall'antica chiesa. Sul secondo altare è stato collocato di recente un S. Giovanni e l'Addolorata, dipinto su tela del saccense Vincenzo Tresca, firmato e datato 1788, che prima era in sagrestia. Sull'altare maggiore è una seicentesca statua lignea raffigurante S. Michele fatto scolpire in in Roma nel 1380 da  Guglielmo Peralta (G. Licata). 


Rappresenta il Santo giovinetto, dal volto   fanciullesco incorniciato da una prolissa chioma
inanellata, nell'atto di tenere il piede destro sul corpo atterrato del demonio, dalla lunghissima coda a tortiglione, che, invano, tenta divincolarsi aiutandosi con le mani e coi piedi dalle dita unghiute come artigli di rapace. (Il corpo snello e forte del Santo sembra non sentire il peso della preziosa armatura della quale è vestito). Nella navata sinistra tra le cose degne di nota sono: un Fonte battesimale dì marmo, del 1586, ornato di angeli, racemi e fiori, proveniente dalla seconda chiesa, una Annunciazione di G. Sabella (1818) e in fondo alla navata, ai piedi di un Crocefisso, in nicchia chiusa da un minicancello, un Ostensorio-reliquiario d'argento dorato nel quale si conservano due spine della corona di Cristo. Per finire: presso la prima colonna della navata centrale, a s. e un'antica acquasantiera di marmo bianco, ornata con testine di angeli finemente scolpiti, e presso la prima colonna a destra altra pila per l'acqua santa di marmo rosso, proveniente dall'antica chiesa.

La Finitura

Tra la chiesa di S. Michele e il campanile è la piazzetta detta comunemente dai vecchi del quartiere "Firriatu di S. Michele" (da firriari, girare) perché in origine aveva forma circolare ed era circondata da un'inferriata. In questo spazio era nel sec. XV il cimitero di una confraternita di nobili che aveva la sua sede nell'antica chiesetta, oggi trasformata in scuola, che confina a sud con la scalinata attraverso la quale si scende in via Pietre Cadute. Nell'edificio attiguo alla chiesa, di cui avanza il portale gotico, erano fino a non molti anni fa conservati dei cadaveri imbalsamati disposti ritti lungo le pareti. Dalla piazzetta si gode un vasto panorama di tetti che comprende buona parte del centro storico della città, caratterizzato e dominato dalle eminenti moli del Castello Luna, della chiesa di S. Caterina, della Chiesa Madre e di quanto resta del Castello Vecchio.

Il mare, nello sfondo, è la stupenda cornice del quadro. Per chi ha buone gambe per raggiungerlo, c'è un migliore posto per ammirare il panorama: è la sommità terrazzata della torre campanaria. Dalla chiesa di S. Michele ha inizio il corso Tommaso Fazello dove, quasi a metà strada, al n. 98, è la casa natale di Mario
Ciaccio, storico di Sciacca, alla cui memoria nel 1931 è stata murata sulla facciata una lapide dimarmo e collocato su una mensola un busto, opera dello scultore saccense Giuseppe Cusumano. Accanto è il vasto Cortile Celso nel quale si entra attraverso un antico portale ad arco ribassato che in origine, come tutti gli antichi cortili, per ragioni di difesa, era chiuso da una robusta porta.

La Torre Campanaria

Si trova, isolata, nella piazzetta detta comunemente dagli anziani del quartiere Firriatu di S. Michele, a pochi metri di distanza dalla chiesa omonima. Fu eretta, secondo gli eruditi locali, nel 1550 dalla Confraternita di S. Michele. La poderosa costruzione, di forme perfettamente geometriche, con base quadrata, un parallelepipedo dalle nude superfici di conci a vista prive di finestre, tranne una sul lato meridionale, ha tutte le caratteristiche di un'opera di difesa. La sua struttura massiccia (i muri perimetrali hanno uno spessore di oltre due metri) è assai simile a quella delle coeve opere di fortificazione (Porta Salvatore, bastioni di S. Margherita e di S. Agata, Porta S. Calogero, mura di Vega ecc.) costruite a Sciacca al tempo di Carlo V (sec. XVI) quando più pressante era la minaccia di incursioni da parte dei pirati barbareschi e il pericolo di uno sbarco dei Turchi.

Non a torto si ritiene che la torre sia stata originariamente innalzata per l'avvistamento (come tale è stata usata durante la Seconda Guerra Mondiale) e successivamente utilizzata come campanile.
 Confermerebbe questa ipotesi il fatto che la più grande delle campane collocate in cima alla torre fu fusa nel 1587 cioè 37 anni dopo l'erezione dell'edificio, e che i supporti in muratura che la reggono hanno tutti i caratteri di una costruzione posticcia che, sia per la forma sia per la struttura, è in netto contrasto con il possente fabbricato di pure forme geometriche. In cima alla torre sono tre campane delle quali la maggiore, opera di Natale Garbato, del 1587, pesa circa 1800 chili. Su quest'ultima, oltre alla data, è la seguente Iscrizione: Piango i morti, respingo i fulmini, chiamo i vivi.

Ai piedi della torre campanaria (lato sud-est), in via Gallo, sono alcune abitazioni in grotta le cui origini risalgono a tempiremoti.
Il luogo è raggiungibile attraverso la scalinata che fiancheggia l'antica chiesetta di S. Michele,
detta via Pietre Cadute. Da questa via può interessare raggiungere il cortile Grotte (dove sono altre abitazioni scavate in parte nella roccia) sul quale si affacciano le finestre di una casa d'età catalana, delle quali una reca incisa sull'architrave di pietra la data 1559 e la sigla I H 5 (Jesus Hominum Salvator). La casa, che appartiene alla famiglia Grisafi, si trova all'interno del cortile omonimo al quale si accede attraverso un portale ad arco ribassato da via Amato. Altre finestre cinquecentesche si affacciano sullo spiazzo Gallo raggiungibile dal vicolo Castello.

Tratto dal libro "Sciacca Terme - Guida Turistica di Salvatore Cantone"

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